Ogni giorno riceviamo, o per dirla con un’iperbole “siamo bombardati”, da molte notifiche sul telefono che ci invitano a guardare video You Tube, reel di Instagram e Tik Tok. La maggior parte li skippiamo dopo pochi secondi. Addirittura alcuni li guardiamo in modo distratto mentre siamo intenti a fare altro.
Sono video brevi che vengono creati con intento ludico ed educativo. Come allenarsi con costanza, come creare una routine che funziona per essere produttivi nel proprio lavoro oppure come parlare in pubblico.
Poi però ci sono anche quei video che catturano la nostra attenzione. Sono veri esempi di neuroni specchio all’opera.
Riescono a strapparci un sorriso, ci emozionano e sono attivatori del nostro orecchio interiore, cioè sono capaci di far sì che ci fermiamo un attimo e iniziamo a guardarci dentro. A guardare nei nostri abissi dove non arriva la luce ma il riverbero del nostro sentire.
Senza rendercene conto diventiamo protagonisti dell’effetto specchio. Un fenomeno che non ha a che fare con l’algoritmo o il caso.
Anzi, è la spiegazione razionale del perché certi contenuti diventano virali mentre altri che sono tecnicamente perfetti, invece restano ignorati.
Se stai leggendo questo articolo, voglio che tu sappia che non hai a portata di mano una guida express su come creare video virali. Alla fine, invece, avrai una chiave di lettura su cosa rende un video davvero efficace, sia quando lo guardi sia quando lo progetti.
Perché i video virali ci colpiscono?
Prima di chiedersi perché un video diventa virale, vale la pena fermarsi un attimo sul significato di “virale”. Il termine deriva dal latino “virus” che in accezione negativa assume il significato di “veleno”. Da qui è automatico creare il parallelismo con il video virale che funziona proprio come un’infezione. Si propaga da persona a persona, in modo inarrestabile, senza che nessuno possa controllare la diffusione.
Ma a differenza di un morbo, qui il contagio è più emotivo che fisico. Si tratta di un contagio emotivo ed è un meccanismo automatico del nostro cervello. Quando vediamo qualcuno compiere un’azione o provare un’emozione, il nostro sistema nervoso la replica all’istante. Se una persona ride, sorridiamo. Se la vediamo triste, ci incupiamo. Non è una scelta consapevole.
Piuttosto rispondiamo ad uno stimolo neurale. Ciò che rende un video virale supera la qualità tecnica, le scelte stilistiche, il linguaggio del contenuto e il budget di produzione che sono per certo fattori influenti ma secondari. Invece, quello che rende un contenuto inarrestabile è la sua capacità di attivare l’effetto specchio.
Che cos’è l’effetto specchio?
L’effetto specchio è un fenomeno neurologico che si manifesta quando il nostro cervello ripete in automatico le azioni e le emozioni che osserviamo nelle altre persone. Ciò fa sì che l’atto del ripetere, seppure sembri apparentemente passivo, abbia una componente attiva, viva. È come se stessimo vivendo in prima persona le emozioni che riconosciamo negli altri.
Alla base di questo meccanismo ci sono i neuroni specchio, cellule nervose scoperte negli anni ’90 che si attivano sia quando compiamo un’azione, sia quando la vediamo compiere da altri.
Per chi lavora con i contenuti, capire l’effetto specchio significa capire davvero cosa il suo pubblico prova.
A cosa serve l’effetto specchio nel marketing e nei video?
L’effetto specchio è determinante quando realizzi video per promuovere il tuo personal brand, far conoscere un prodotto o servizio o semplicemente contribuire alla diffusione di un argomento. Ma, funziona solo se le persone si rispecchiano nel video, i tuoi contenuti, il linguaggio, il tono di voce e l’ambientazione. Questo spiega come mai l’effetto specchio nel marketing diventa un acceleratore emotivo capace di intercettare e replicare lo stato d’animo di chi visualizza il video.
I comportamenti che si attivano attraverso questo fenomeno sono di solito azioni facili da ripetere come mangiare o abbracciare qualcuno. A proposito, hai notato che gli influencer non stanno quasi mai fermi davanti ad una telecamera mentre girano un video?
Si truccano, parlano e preparano un pranzo o una cena, riordinano o puliscono casa, ecc. In poco tempo, riescono ad ottenere un numero soddisfacente di visualizzazioni perché hanno capito che i video fatti di immagini statiche e di muri testuali sono noiosi e non stimolano comportamenti imitativi.
Infine, i video emotivi, quelli che mostrano le emozioni o uno stato d’animo del content creator, sono quelli che riscuotono più successo. Sono i semi per far germogliare la relazione e un legame con chi sta dall’altra parte dello schermo.
Neuroni specchio esempi: cosa succede nei video che diventano virali?
In un’epoca in cui stiamo diventando quasi degli automi e rincorriamo la ricetta perfetta del “how to”, cioè del come fare, essere, performare, sono necessari video che ci mostrino e trasmettano sostanza, consistenza e soprattutto presenza cosciente rispetto a ciò che viviamo, consumiamo e proviamo.
Esistono 3 categorie di video che riescono a innescare i neuroni specchio e empatia.
La prima categoria è quella dei video empatici che si basano su emozioni primarie e universali.
Pensa alle emozioni che viviamo nella nostra quotidianità. Attraversiamo un caleidoscopio di emozioni dalla gioia alla tristezza, dalla paura alla rabbia. Proviamo felicità quando ci svegliamo accanto alle persone che amiamo, irritazione dopo aver subito un torto e così via. Sono pattern emotivi universali.
Poi ci sono i video performativi, cioè clip, reel in cui il focus sull’azione fisica sostituisce le emozioni. Anche se stiamo seduti su un divano o sdraiati sul letto, vedere qualcuno che balla, corre, salta o è impegnato in sfide in cui bisogna dimostrare o misurare la propria prestanza fisica attiva i neuroni del movimento.
Il ritmo e il suono fanno il resto. Ci spingono ad imitare, a riprodurre quel passo di danza che abbiamo appena visto o cimentarci in un nuovo esercizio atletico.
Di conseguenza, ci sentiamo pronti a iscriverci in palestra e abbracciamo con interesse le sfide sulle diete che ci illudono di perdere peso in una settimana.
Infine, i video reazionali sono quelli che mostrano le reazioni di un bambino che scopre per la prima volta un nuovo sapore oppure i video di persone che guardano scene horror e saltano sulla sedia.
Davanti a questi frame è come se provassimo anche noi per la prima volta il sapore del limone amaro o una scena horror tanto da provare disgusto e la pelle d’oca.
Questi video dimostrano che la viralità trasforma lo spettatore in testimone emotivo che non si limita a guardare in modo passivo un contenuto, bensì si immedesima a tal punto fino a riprodurre più o meno consapevolmente la stessa situazione o schemi di comportamento uguali.
Perché un video diventa virale secondo la neuroscienza e il copywriting?
La viralità di un video si gioca nei millesimi di secondo dal suo inizio e in quello che succede al nostro cervello a seguito della sua visione.
Come è stato anticipato nei paragrafi precedenti, la viralità è una questione neurologica più che tecnica. Inoltre la viralità è direttamente proporzionale alla sua universalità.
Un video universale è comprensibile da tutti e si adatta a qualsiasi cultura. È un video in cui ogni persona si riconosce perché si riferisce a un vissuto che ha potuto sperimentare prima o poi durante la propria esistenza.
Questa è la base da cui in qualità di copywriter possiamo partire per progettare i video cercando di superare il blocco creativo iniziale.
La domanda input che ci accompagnerà da questo momento sarà “cosa voglio far provare?”
Tutti abbiamo qualcosa da dire, il punto è come lo diciamo e che tipo di storia scegliamo per veicolare il nostro racconto.
D’altronde, puoi avere il video tecnicamente perfetto, la fotografia curata, il montaggio impeccabile. Ma se non innesca l’effetto specchio, se non fa sentire qualcosa al corpo di chi guarda, quel video resterà invisibile.
Come si fa a rendere un video virale?
La verità è che le persone non riconoscono la differenza tra un contenuto artigianale, cioè forgiato ad arte con tutti i crismi tecnici, fonici e testuali e un altro che si presenta come una copia non riuscita. Una copia poco riuscita nel tentativo di replica di un video che ha funzionato.
È indubbio che avere una strumentazione sofisticata, usare in maniera sapiente la luce, conoscere l’importanza delle gestualità sono degli aspetti importanti come abbiamo visto sopra. Ma le persone non sanno cosa c’è dietro un video.
Sanno invece riconoscere se stai raccontando la verità perché non si lasciano ingannare facilmente. Sentono quando racconti qualcosa di vero. Lo percepisce il loro corpo.
Per questo, puoi cercare di replicare al meglio quello che funziona per altri content creator ma lo snodo decisivo si presenterà quando deciderai di raccontare te stesso. Quindi il consiglio 0 è scegliere un tono visivo coerente con la mappa delle emozioni che vuoi evocare.
Esempi di come i copywriter possono creare video per stimolare i neuroni specchio
Passiamo ora agli altri consigli utili per aiutarti a montare un video più simile al tuo modo di essere.
- Mostra le emozioni anziché descriverle.
Parti da cosa provi, da come ti senti, da ciò che ti emoziona e contestualizza le tue emozioni al contenuto che vuoi creare.
Usa la logica dei vasi comunicanti. Quando condividi un’emozione vera, quella stessa emozione si trasferisce in chi ti guarda. Accade proprio come l’acqua che si sposta da un vaso all’altro fino a raggiungere lo stesso livello. Le tue emozioni fluiscono verso il pubblico e creano un collegamento e quindi un legame.
Questa strategia ti toglierà dall’imbarazzo iniziale nella stesura dello script del video. Saprai rendere originale la prospettiva con cui affronti l’argomento di cui vuoi parlare.
- Cura i primi 2-3 secondi come se fossero tutto
Ti ricordi la pubblicità dell’automobile modello CUPRA FORMENTOR?
Lo spot con un ritmo incalzante ripeteva queste parole mentre scorrevano le immagini del modello cupra in viaggio per strada:
“ La scienza dice che la prima impressione si crea in 7 secondi. A noi bastano 7 secondi per convincerti”.
Beh, la regola dei 7 secondi vale anche per far sì che un video funzioni.
Inizia, quindi, con una scena che il cervello riconosce o con il primo piano di un volto che comunica un’emozione. Perciò evita di inserire all’inizio del video dati, statistiche, loghi o muri testuali.
- Scegli un tono visivo coerente con l’emozione che vuoi evocare
Cerca di fare attenzione alla coerenza tra quanto vuoi comunicare e le espressioni e la gestualità che lo accompagnano mentre lo pronunci. È importante creare armonia tra il linguaggio verbale, paraverbale e non verbale.
Il linguaggio verbale è ciò che comunichi. Il linguaggio non verbale riguarda la gestualità. L’ultimo, il linguaggio paraverbale riguarda le pause tra una parola e l’altra, il tono e il volume di voce.
Se vuoi trasmettere energia, usa movimenti rapidi, musica ritmica, transizioni dinamiche. Se, invece, vuoi trasmettere intimità, rallenta.
- Scrivi pensando al corpo, non al testo
Le parole hanno anche una componente fisica, o meglio corporea.
Esistono parole che solo a sentirle pronunciare o leggerle ci rimandano a una sensazione che sentiamo in prima persona attraverso il nostro corpo.
Parole ad esempio come respiro, nodo, palpitazione rimandano subito ad un’immagine sensoriale a tal punto da portare l’attenzione sul nostro fisico. Iniziamo a muovere le mani e le dita nelle aree del nostro corpo dove siamo certi di poter toccare con mano quelle parole.
Ecco perché è importante fare attenzione alle parole che scegliamo di dire ad alta voce nel nostro prossimo video.
Neuroni specchio e empatia. Cosa hai deciso di portare con te?
La viralità è un mix di intuizione e conoscenza dei meccanismi di funzionamento del cervello umano.
Il caso, la fortuna e l’originalità sono fattori secondari o collaterali che poco hanno a che fare con la genetica dei neuroni a specchio.
Se lavori con le parole, le storie e i contenuti hai il compito di procurarti i fondamenti della neuroscienza e tirarli fuori dal tuo kit professionale all’occorrenza.
I neuroni specchio, l’effetto specchio, il contagio emotivo possono diventare gli strumenti operativi per evitare che le persone che ti seguono scrollino in modo annoiato i tuoi video e prevenire il burnout dalla logica compulsiva dell’algoritmo impazzito.
Gli esempi che abbiamo visto tra cui i video empatici, performativi, reazionali ti mostrano che esistono schemi riconoscibili dietro la viralità. Non bisogna inventare nulla di nuovo.
Scrivi per coinvolgere nell’ottica di creare relazioni, non numeri come orienta la prospettiva più moderna del marketing engagement.
Il tuo scopo non è diventare virale, non è amplificare un effetto. È, invece, raggiungere le persone che ti interessano.
Alla fine non ti servono folle infinite ma una nicchia, cosciente e pensante di persone che apprezza i tuoi contenuti. Come sostiene saggiamente Riccardo Scandellari nella sua newsletter “Alzati sopra il rumore” il nostro nuovo mantra non dovrà essere “tutti vogliono andare virali” ma se la viralità è un picco, l’impatto( quello vero e autentico) è un’onda lunga.
