La vita da freelance è spesso idealizzata come un percorso di totale autonomia: gestione flessibile del tempo, scelta dei progetti più stimolanti e libertà nel selezionare i propri clienti. Fin qui è tutto vero.
Quello che spesso non è messo nero su bianco è che senza una strategia ‘di sopravvivenza’ – come dice l’autore -, questa scelta può rapidamente portare ostacoli e incertezze.
Difficoltà nel trovare clienti, valutare correttamente il proprio valore, redigere preventivi efficaci e gestire le finanze sono sfide comuni che molti freelance affrontano quotidianamente.
Nel libro “Freelance per sempre. Manuale della libera professione: appunti, regole e consigli strategici” pubblicato da Hoepli, Davide Bertozzi condivide la sua decennale esperienza nel mondo del lavoro indipendente. Lo fa in modo pratico e molto umano, attraverso storie personali, consigli e riflessioni approfondite.
L’autore traccia una guida per navigare con successo nel complesso universo della libera professione. Dalla gestione del tempo al rapporto con i clienti, dalla determinazione delle tariffe al potenziamento del proprio brand personale, Bertozzi con una penna pungente e delicata allo stesso tempo fornisce strumenti preziosi per evitare errori comuni e costruire una carriera solida e soddisfacente.
Ci sono tanti spunti nel testo, sia per chi sta pensando di fare il grande passo e aprire la partita IVA, sia per chi – come me – ha un lavoro come dipendente ma ha uno spirito autonomo.
Nell’invitarvi a leggere il libro, pubblico a seguire un’intervista all’autore sui temi che più mi hanno incuriosito.
Quali difficoltà hai incontrato nella tua carriera di freelance e come hai affrontato i momenti di crisi? Raccontaci un esempio significativo.
I momenti di crisi accadono di continuo, purtroppo. Alcuni sono peggiori di altri, purtroppo parte due. La maggior parte delle volte sono causati dall’assenza di ossigeno, cioè di liquidità, o da clienti tossici, che a loro volta non pagano e creano la mancanza di ossigeno (ora la pianto con le ripetizioni, promesso). Gestire il lavoro e i clienti è un’impresa tosta: non si nasce imparati, quindi si commettono un sacco di errori e di tanto in tanto ci si ritrova in ginocchio. Un altro rischio è lavorare con pochi clienti: per qualche anno io ho contato soprattutto sulle entrate di due grandi clienti, e quando ne ho perso uno mi sono trovato in grossa difficoltà. Per evitare questa e altre situazioni simili, ho deciso di lavorare con un numero più alto di clienti e di fare in modo che i pagamenti dei progetti venissero distribuiti in più tranche. A parte l’anticipo (del 50% per i clienti nuovi e del 30% per quelli consolidati), invece di attendere la fine del progetto per fatturare la parte mancante, preferisco impostare un canone mensile. Che il lavoro duri uno, due o sei mesi, inserisco delle rate mensili. Questo mi garantisce ossigeno. Lavorare con molti clienti non significa che questi siano piccoli. Il quesito “meglio molti clienti piccoli o pochi clienti grandi?” a mio avviso è sbagliato. È necessario rompere questa regole per sopravvivere, prima, e vivere bene, poi. Quindi lavoro con molti clienti, sia grandi che piccoli. Tiè.
La gestione del tempo è più che mai importante. Come organizzi il tuo tempo e quali abitudini ti hanno permesso di trovare il tuo buon equilibrio?
La gestione del tempo è tutto. Aiuta sia a svolgere il lavoro in tempi decenti, sia a quantificare meglio i progetti futuri. Le mie abitudini sono semplici, ma guardandomi intorno mi pare che non siano così ovvie. Prima regola: definire i momenti di “kamikaze”, dove ti concentri solo su una cosa. Quindi via ogni notifica, intendo ogni, maledetta, notifica. Io le disattivo tutte, sia quelle dello smartphone che quelle del computer. Questo fa un po’ innervosire quelli che mi chiamano, perché non rispondo. Mi spiace. Non hai idea di quanto tempo si guadagni disattivando email, WhatsApp, Telegram e compagnia bella. Poi certo, ad una certa controllo chi mi ha cercato e rispondo. E se non è urgente, magari rispondo anche dopo molte ore, o addirittura a fine giornata. L’essere costantemente connessi e disponibili è il primo vero inghippo nella gestione del tempo. Per quanto riguarda l’organizzazione pura del tempo, ho definito giorni e momenti in cui svolgo (o non svolgo) determinate attività. Ad esempio, il lunedì non prendo appuntamenti, se possibile anche il venerdì. Questo mi permette di non sovraccaricare i due giorni hot della settimana e di essere certo che entro venerdì sera ho portato a termine il lavoro. Le attività più creative cerco di svolgerle al mattino, quando sono più fresco, quelle meno impegnative le metto al pomeriggio. Il pranzo è sacro, per nessun motivo lo salto e mai mangio un panino davanti allo schermo. Quell’ora che mi ritaglio è una rinascita, così come il tempo che mi prendo a metà mattinata o a metà pomeriggio per portare fuori il cane. Queste due piccole pause non liberano del tutto la mente, ma aiutano a riposare gli occhi e alleggerire il carico di stress. Il potere di una passeggiata non è da sottovalutare.
Tra le pagine racconti quanto possa essere importante impegnarsi in un progetto personale, per far conoscere le proprie competenze, avere un primo portfolio e esprimere al massimo il proprio potenziale. Purtroppo nonostante sia semplice intuirne l’importanza, sono poche le persone a mettersi in gioco in tal senso. È paura? È pigrizia? Cosa ne pensi e che consigli ti senti di dare in tal senso.
Qualcuno viene fregato, anzi, frenato, dalla sindrome dell’impostore. Succede. Ma liberarsene non è nemmeno così complicato; ho svolto parecchie ore di affiancamento a persone super dotate ma con poca autostima, intimorite, poi, dal giudizio degli altri. Il mio passato da musicista mi ha reso impermeabile all’impostore, qualcuno penserà “che fortuna” ma in realtà devo fare i conti con il demone opposto: non essere sempre in grado di calibrare quello che dico, che faccio e che condivido. Ma ci sto lavorando tanto. Ad ogni modo, sono stra-maledettamente convinto che ogni persona debba vendere la propria unicità, che è ben diverso da erogare il servizio che un cliente si aspetta. I progetti personali sono uno strumento utilissimo per mostrare chi sei, cosa fai e come lo fai. E anche perché lo fai. A me hanno salvato la vita, sul serio. Tenerli solo per sé potrebbe rivelarsi un’occasione persa.
Nel libro sottolinei l’importanza del personal branding. Quali strategie consiglieresti a chi è alle prime armi? Anche se è la ‘costanza’ a permettere la costruzione di una presenza forte online, c’è qualche piccola attività che può creare fin da subito una buona base?
Sì, ed è in linea con la risposta precedente. Qualcuno non sarà d’accordo con quanto sto per dire ma… ci hanno insegnato che dobbiamo costruire una comunicazione fatta su misura per il nostro pubblico. Ascoltare il suo tono di voce e adeguarci alle sue esigenze. Precisamente: “studiamo il target e progettiamo una comunicazione mirata”. Io non penso che questo approccio sia sempre corretto. Anzi, per i freelance penso non lo sia affatto. Preferisco, a costo di apparire arrogante, creare la mia comunicazione, scrivere e condividere le cose che piacciono a me. Non devo compiacere al pubblico. Se infarcisco la mia comunicazione con contenuti nerd, pittogrammi giapponesi, prese di posizione su temi sociali e un tono di voce ironico e diretto, costruiscono nel breve e nel lungo periodo una community di persone che condividono i miei punti di vista, e con quelle persone voglio lavorare. È una inversione di rotta che trovo necessaria per emergere, soprattutto se si è alle prime armi. Niente contenuti ammiccanti con i trend del momento, ma solo roba che piace a me, o a te. Chi mi segue, e che ti segue, sa cosa aspettarsi, condivide valori, gusti e punti di vista. E di solito, i clienti ci scelgono più facilmente (e con più consapevolezza) quando percepiscono questa affinità.
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