Come ci ha ricordato oggi il coach di public speaking Carlo Loiudice, parlare in pubblico non è un esame: è un incontro. Tieni a mente questo presupposto mentre leggi le prossime righe.
In sala ci sono persone che hanno fatto strada per ascoltarti; tu porti un pezzo di esperienza che può rendergli la giornata più chiara, più semplice, magari anche più coraggiosa. Uno speech ben preparato ti permette di creare un dialogo con il pubblico: “vi spiego cosa ho capito e vi lascio qualcosa che potete usare domani”.
Prima ancora delle slide: trova l’idea madre
Comincia così: se il pubblico dovesse ricordare una sola cosa, quale sarebbe?
Mettila in una frase semplice, che stia in bocca e in testa. Dille ad alta voce a qualcuno fuori dal tuo settore: se la capisce, è quella giusta.
Da quell’idea discende tutto il resto: esempi, storie, numeri, immagini. Anche la durata. Molte conferenze tengono gli interventi brevi proprio per aiutare chiarezza e ritmo: il formato dei talk di TED, per esempio, ha reso popolare un limite massimo “agile” (il famoso tetto dei 18 minuti) per costringere chi parla a scegliere gli elementi chiave del discorso.
Dai una trama al tuo discorso
Un buon speech ha una piccola storia dentro: una situazione di partenza, un problema vero, una svolta che apre possibilità, e una proposta concreta.
Se devi convincere a cambiare abitudini o adottare una soluzione, può aiutare questa sequenza motivazionale: attirare l’attenzione, far sentire il bisogno, offrire una via praticabile, far immaginare il risultato, chiedere un’azione possibile. È una struttura che aiuta a parlare alle persone in modo ordinato e rispettoso, senza trucchi.
Chi lavora da anni sulle presentazioni ricorda anche un principio semplice: alternare “com’è adesso” e “come potrebbe essere” crea movimento e mantiene vivo l’ascolto. L’idea è di accompagnare una trasformazione, un passo alla volta, con storie ed esempi che parlino al pubblico che hai davanti.
Scrivi per l’orecchio, non per la pagina
Le frasi migliori per un palco sono corte, attive, piene di verbi e immagini concrete. Ogni concetto astratto merita un esempio “di vita”: un cliente, un errore, un progetto riuscito, un dubbio che avevi anche tu.
Evita l’elenco infinito: scegli pochi punti fondanti e falli girare bene, con il ritmo giusto. Apri con qualcosa che li riguarda (una domanda onesta, un dato che sorprende, un episodio riconoscibile), chiudi con un “da domani” fattibile: tre azioni piccole, alla portata.
Le diapositive (se servono) sono una cornice
Dimenticati le slide fitte-fitte di testo. Le “slide” sono appoggi per la memoria visiva del pubblico. Poche parole, un’idea per schermata, titoli che dicono già il senso, grafici puliti. Meno effetti, più chiarezza. Buone pratiche condivise dalla comunità scientifica ribadiscono proprio questo: una sola idea per volta, tempi umani, titoli efficaci, e niente muri di testo.
C’è poi un punto che vale doppio, perché è anche questione di accessibilità: il contrasto. Testi leggibili anche dal fondo sala, colori che non si “impastano”, caratteri abbastanza grandi. Le linee guida internazionali per l’accessibilità raccomandano rapporti di contrasto minimi: rispettarli è gentilezza verso chi ascolta.
Come prepararsi per lo speech: le simulazioni
Ripetere leggendo non basta.
La memoria si rafforza quando cerchi di ricordare senza guardare gli appunti, e quando le prove sono distribuite nel tempo. Programma piccole sessioni lontane tra loro, anche di dieci minuti: ricostruisci l’incipit, poi la parte centrale, poi la chiusura; registra l’audio, riascolta, sistema.
È dimostrato che la pratica del richiamo e la spaziatura aiutano a trattenere meglio e più a lungo: è un modo concreto per arrivare in sala con la testa libera.
Prepara la voce e il corpo, ma anche l’attrezzatura
La tua voce è già un visual. Respira prima del punto importante, concedi una pausa dopo, guarda la sala a “zone”.
Se usi un microfono, trattalo come un alleato: quello a mano va tenuto vicino alla bocca, leggermente di lato; il “lavalier” si fissa all’altezza dello sterno e non si tocca; niente collane o sciarpe che frusciano.
Sono accortezze semplici che fanno la differenza sulla chiarezza.
Cosa fare il giorno dell’evento
Prima di tutto, arriva presto. Fai una prova tecnica: audio, monitor, video. Cammina il palco per capire dov’è comodo fermarsi e dove no. Tieni con te una versione “di emergenza” delle diapositive (un PDF, se possibile).
Verifica – se puoi contattando in precedenza gli organizzatori – se è presente uno schermo di cortesia di fronte al palco e se è presente un timer. Sono elementi che possono agevolare e, se non sono presenti, non devi farti prendere dal panico. Per questo assicurarsi della dotazione in sala è sempre utile e ti aiuta a preparare l’intervento e a gestire un eventuale stato ansioso.
Appena sali sul palco
Prenditi il tempo per fare un respiro profondo e per radicarti nello spazio. Fai qualche passo, guarda il pubblico, indossa un bel sorriso. E quando sei consapevole dello spazio, del pubblico e del tempo… inizia, e divertiti.
Dopo lo speech
Se devi condividere i materiali, non spedire la presentazione pensata per il palco: prepara una versione per la lettura, con testo più completo e link di approfondimento.
Ringrazia l’organizzazione, rispondi alle domande che hai posticipato, chiedi un riscontro: cosa è stato utile? cosa mancava? È così che il prossimo intervento diventa migliore.
Qualora l’evento mettesse a disposizione una registrazione: riguardati. Senza giudizio, fallo con sguardo curioso e appassionato. Se vuoi migliorarti, guarda anche l’esposizione degli altri relatori e annotati cosa ti ha convinto della loro presentazione.
Con la pratica, si migliora
Un buon talk nasce da un’idea madre chiara, prende forma con una piccola storia, si allena con prove intelligenti, si offre con voce e ritmo gentili.
Il resto sono dettagli che impari camminando.
