Nelle scorse settimane il pubblico di massa ha scoperto ChatGPT e più in generale una declinazione dell’intelligenza artificiale (AI) che invece di riprodurre immagini sulla base di una descrizione o una serie di fotografie, usa i modelli linguistici e quello che ha imparato dalla rete per produrre testi di diverso tipo, oltre che simulare una conversazione ricca di dettagli con l’utente.
Chiunque si è potuto iscrivere al sito di OpenAI per provare l’ebrezza di uno scambio con ChatGPT – anche se chi è arrivato tardi alla festa ha trovato spesso il servizio indisponibile, – e ha scoperto quanto possa produrre il motore linguistico alla base di questo prodotto. Prodotto che ha da poco lanciato un servizio premium in abbonamento per appena 20 dollari al mese.
Quello che la maggior parte degli utenti non ha capito di questo servizio è la sua concreta e attuale applicazione. In troppi in queste settimane hanno pensato di sostituire i propri copywriter con una ben più economica macchina da pochi centesimi per mille parole scritte. Specialmente nel campo della link building, usare una AI potrebbe sembrare un’idea interessante, ma noi della redazione, dopo una serie di test approfonditi, ci siamo fatti un’idea. Al momento il lavoro di editing e revisione del testo redatto dalla macchina richiede un livello di specializzazione e factchecking che di fatto risulta impegnativo e sconveniente a chiunque volesse usare i testi prodotti per scopi lavorativi. Qualcosa si può fare, ma il rischio che la macchina non acceda (o capisca) la richiesta dei contenuti esatti di cui necessitiamo è molto alto.
Testeremo presto anche il servizio premium e intanto osserveremo con grande interesse la contromossa di Google, che ha da poco introdotto l’arrivo di Bard, la sua AI. Ricordiamo che OpenAI e di conseguenza ChatGPT sono di fatto basate su una parte di codice rilasciata dalla casa di Mountain View, che negli ultimi 7 anni ha lavorato per implementare la propria versione della macchina usando non un database ‘dato in pasto’ da internet (di fatto uno scraping di dati), ma l’utilizzo del più grande database al mondo. L’intento di Google è quello di mettere Bard al servizio concreto degli utenti per cambiare il modo – per esempio, – in cui facciamo ricerche online.
Intanto vi invitiamo a vedere questo video di Giorgio Tave in cui segue e commenta in diretta la presentazione di Google Bard e vi terremo aggiornati sull’AI GLOBAL SUMMIT che si terrà durante il prossimo WMF – We Make Future 2023.