Mi è capitato ultimamente di commentare diversi post di amici su Facebook con un’immagine. Proprio io, amante delle parole, della battuta arguta, dei giochi di parole, ho scelto una fotografia, oppure un disegno, per dire la mia. Perché in quei casi un’immagine racchiudeva per intero, magari in maniera ironica, il mio pensiero oppure completava il contenuto del post meglio di quanto avrebbero fatto le parole.
La forza dell’immagine
Perché siamo così attratti da tutto ciò che è visivo (fotografia, cinema, fumetti, arti figurative)? Perché l’immagine ha per noi una così grande importanza? La mente umana processa le immagini più velocemente rispetto a qualsiasi altro contenuto. Non a caso, uno dei consigli che vengono dati nei corsi di scrittura creativa è “show, don’t tell!” (mostra, non raccontare!), proprio perché le immagini attivano immediatamente le aree cerebrali legate alle emozioni e fanno presa con forza dentro di noi. Inoltre, a differenza della lingua, sono universali, immediate, dirette: non hanno bisogno di traduzione.
Ecco spiegato il successo di social come Pinterest e Instagram (che io, ahimè, ho finora sottovalutato), ecco perché tanto si parla di visual storytelling: perché l’immagine è uno strumento potente.
Definiamo il visual storytelling
Quando si definisce il visual storytelling, di solito si commette un errore: si parla di narrazione per immagini, ma è impreciso, perché si dovrebbe parlare di narrazione per racconti visivi. È una differenza non da poco. Inanellare una serie di immagini senza alcun legame fra di loro è insufficiente per fare visual storytelling: proprio come con le parole, anche le immagini devono costituire un racconto, anche utilizzando una sola immagine.
Un’immagine, per essere considerata narrativa, deve avere alcune caratteristiche fondamentali:
- deve contenere tensione, un problema da risolvere, un’impresa da compiere
- deve rappresentare un personaggio credibile, un mondo o un ambiente concreto e verosimile
- ha una temperatura emotiva su chi guarda, in modo da coinvolgerlo e farlo sentire parte della storia
Scatti fotografici, infografiche, video, disegni: ogni immagine, anche una sola immagine, può raccontare una storia, a patto che abbia tutti gli elementi al loro posto.
Come ogni strumento di marketing, anche il visual storytelling passa attraverso la pianificazione di una strategia con target e obiettivi precisi.
Vediamo un esempio. Immaginiamo di dover lanciare la riedizione di un’auto legata a un’immaginario avventuroso, on the road, che ha anche un passato glorioso. Ecco l’annuncio che potrebbe saltar fuori:
Questo annuncio, preso da Adsoftheworld.com, dal mio punto di vista ha una buona forza narrativa: c’è un protagonista, ci sono gli antagonisti, c’è un’impresa da compiere e abbiamo anche l’oggetto magico, la Bulli, che potrà aiutare il protagonista a compiere la sua missione.
Non piacerà a tutti – non è certo adatta a deboli di stomaci -, non riuscirà a far immedesimare tutti, ma chi condivide l’immaginario proposto da Volkswagen e lo spirito di Bulli riuscirà a sentirsi parte della storia.
Strumenti e piattaforme per il visual storytelling
Qua e là per il web troviamo tante piattaforme e app che possono aiutare nella realizzazione di una campagna di visual storytelling, di qualunque natura sia la nostra attività. Buzztale, Thematic, Contently e Storyjumper sono solo alcuni fra i tanti strumenti disponibili in rete: ma, come ogni strumento, anche queste piattaforme diventano utili se un racconto è già stato progettato fin nei minimi particolari. Il visual storytelling ha bisogno di una pianificazione dettagliata, in cui la storia narrata dalle immagini si sposi con gli obiettivi di comunicazione e il target da raggiungere da parte dell’azienda: senza un grosso lavoro a monte, si rischia di avere solo un’immagine, non un’immagine che racconti una storia.
Ringrazio Massimo Lico per la consulenza.
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