Caro account manager, stavolta mi rivolgo a te. Sì, proprio a te che hai deciso di prendere il coraggio a quattro mani e di tuffarti nel mondo intemperante e a colori fluò del marketing e della pubblicità. Insomma, hai raggiunto o superato la trentina, ti sei fatto un esame di coscienza e due conti in tasca e ti sei aperto la tua piccola agenzia di comunicazione. Hai investito in immagine coordinata e contatti, ti sei aggiornato sulle ultime tendenze nel digitale, la tua agenda pullula di briefing e debriefing come i carboidrati dentro a un tiramisù e ti sei circondato di un po’ di creativi. Tranne uno. “Il copyché? Ah, ma quello che fa diritto d’autore?”.
Ehm… No.
Siccome per me dovresti rappresentare un collega importante e non un’ispirazione per una bambola voodoo, direi che potremmo partire dalle basi. Il copywriter (non “copyrighter” e nemmeno “copriwater” – vecchie battute nel nostro ambiente, ma repetita iuvant) è uno dei due componenti della coppia creativa insieme all’art director. Quest’ultima – la coppia creativa – di solito opera in base alle direzioni di un direttore creativo (il quale precedentemente ha lavorato come copywriter o art director per almeno una decina d’anni; dunque no, non sei tu). Se l’art director dirige il reparto artistico e si occupa di realizzare o di far realizzare ai suoi fotografi, grafici e designer di vario genere le creatività visive, audio o audio-visive, il copywriter, per l’altro 50% dei compiti creativi, dirige l’aspetto concettuale, retorico-stilistico e testuale dei messaggi e si occupa di redigerlo – o di farlo redigere ai suoi junior.
Dirai: “Vabbè oh, per fare graficafotovideoillustrazioniwebdesign ci vogliono anni di studio, a scrivere siam buoni tutti”.
Ooops! Le senti queste voci nel sottofondo?
Vorrei farti riflettere sul fatto che avere il copywriter nella tua agenzia non è uno sfizio, ma è una soluzione a problemi che non sai di avere. Perché quando nessuno studia il messaggio concettualmente a monte, nessuno sa adottare il registro giusto a seconda del contesto e nessuno si preoccupa di dialogare con i destinatari di testi below the line o above the line proprio come se fossero degli interlocutori, quello che perdi sono gli effetti principali a cui il tuo marketing è finalizzato, ovvero gli effetti perlocutori (per dirla come Austin): il potere di realizzare cose con le parole e in particolare, nel nostro caso, quello di convertire i clienti del tuo cliente.
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Il tuo 1° problema: le idee che proponi ai tuoi clienti scricchiolano.
Poniamo il caso che tu ti senta relativamente creativo e che abbia il supporto di un buon reparto artistico. Hai conosciuto a fondo il tuo cliente, hai individuato i suoi obiettivi e le sue esigenze e sei pronto a gestirli e ad affrontarli con una bella campagna. Peccato che partorire qualcosa di valido porti via un mucchio di tempo alle dozzine di impegni che hai con tutti i tuoi altri clienti e l’ossessione di fare centro e di assecondare il tuo cliente ti fa fioccare sempre e solo lo stesso lessico in mente (ammettilo: qualità-competenza-efficacia-rapidità-flessibilità-innovazione sono i tuoi comandamenti e vorresti infilare questi sostantivi in qualsiasi lavoro che proponi).
Il punto è che se tu la pensi esattamente come il cliente, l’aspetto creativo ne risente. A questo serve il copywriter: una figura professionale che lavora con le parole lavora in primo luogo all’aspetto semantico dei tuoi messaggi e opera coi concetti, a tal punto da esser stato spesso definito idea writer. Per dirla proprio tutta, per essere creativi bisogna trovare il coraggio di osare, di buttarsi e di sperimentare: parole come qualità-competenza-efficacia-rapidità-flessibilità-innovazione il messaggio creativo studiato da un copywriter spesso neppure le menziona. Le dimostra.
Il tuo 2° problema: ignori l’esistenza di molte tecniche pubblicitarie. O non hai tempo di impararle.
Arriva il giorno in cui il tuo cliente ha bisogno di spiccare immediatamente rispetto ai suoi competitor. Ha bisogno di un intervento di comunicazione memorabile, magari che parta proprio dalle basi. Qualsiasi sia l’incarico, dallo studio dell’identità a una campagna di cartellonistica urbana, da uno spot radiofonico a una brochure aziendale o a una campagna creativa per i social media, devi farlo col botto. Peccato che in ciascuno degli ambiti qui ipotizzati è importante comunicare con tecniche e registri diversi.
Tu la sai la differenza tra una tagline, una headline e un claim o li tratti come se fossero tutti sinonimi? E la differenza tra comunicazione above e below the line, la conosci? Davvero avresti il tempo e la voglia di metterti a studiare sui manuali di stilistica e retorica e su quelli di teoria e tecnica pubblicitaria? Sapevi che il naming (il servizio di creazione del nome) per aziende e prodotti potrebbe fornirlo l’agenzia di comunicazione, invece che lasciare che lo scelga da sé il cliente, facendoti perdere dei bei soldini? Il copywriter, queste cose, non solo le sa. Le sa anche fare.
Il tuo 3° problema: il tono di voce, questo sconosciuto
“Ma io a scuola ero bravo nei temi, prendevo sempre 9 di italiano!”. E meno male – dico io – perché tante volte non avere un copywriter spesso significa produrre testi con grossi problemi di ortografia, sintassi, morfologia e punteggiatura. Il problema insidioso però è un altro ancora, più sottile: quasi certamente, senza un copywriter non adoperi un tono di voce univoco e adeguato ai contesti perché non te ne accorgi, o perché lo trovi irrilevante. Non lo è.
L’identificazione di un giusto tono di voce rende il tuo business facilmente riconoscibile e memorizzabile dai tuoi clienti. La sfida è quella di riuscire a declinarlo correttamente e uniformemente nei vari contesti comunicativi e no, non è poi così semplice. Un copywriter non solo affronta questa sfida a livello verbale e testuale, ma riesce a dare istruzioni precise all’art director per esprimere un tono di voce in coordinato e pertinente con i tuoi obiettivi, sia nelle parole, sia nelle immagini.
Il tuo 4° problema: hai i contenuti giusti, ma li comunichi nell’ordine sbagliato.
Poniamo ora il caso che tu sia ben avvezzo alle problematiche che ti ho presentato qui e che tu stia facendo del tuo meglio per risolverle, o che tu le abbia delegate a una tua figura di riferimento che su per giù svolge le mansioni che svolgerebbe un copywriter. La responsabilità finale sui contenuti è tuttavia in mano tua e, senza rendertene conto, forse stai trascurando un aspetto importantissimo: l’ordine con cui comunichi i tuoi messaggi.
Dire dopo un concetto che cronologicamente e logicamente viene prima, non badare alla coerenza dei tuoi testi, omettere o non dare l’enfasi necessaria a una call to action sono tutte questioni che hanno a che fare con la rilevanza dei tuoi contenuti e con la possibilità di catturare l’attenzione del tuo lettore nei punti giusti e negli istanti più strategici. Sapevi che, in questo senso, un copywriter è anche un content strategist? Lasciagli la responsabilità dell’organizzazione dei tuoi contenuti. Chissà che non lo sappia fare molto più precisamente di te.
Il tuo 5° problema: hai una strategia di comunicazione, ma non hai veramente voglia di comunicare.
Ecco un ultimo scenario: ti sei impegnato e hai realizzato una strategia di comunicazione molto ben pianificata. Ma per quanto riguarda l’empatia che manifestano i tuoi messaggi, non ci siamo: il lessico è piatto, i periodi sono noiosi, le headline sono banali e prevedibili, i tuoi testi non valorizzano i concetti espressi dalle immagini (… o viceversa!), parli solo di te (o delle meravigliose e inarrivabili doti del tuo cliente) e se qualcuno, dal tuo punto di vista, rompe le scatole con un commento negativo su Facebook o con una richiesta fastidiosa su Twitter, non gli rispondi oppure ne cancelli le tracce.
Il problema paradossale è che così facendo ti occupi di comunicazione, ma non hai veramente voglia di comunicare: non sei pronto a interagire con la tua audience perché, per qualche strana ragione, a livello aziendale ti comporti come se non stessi veramente dialogando con persone reali.
Indovina chi può risolverti questo problema? Un copywriter è in grado di coinvolgere, di seguire e di emozionare il tuo pubblico (o quello del tuo cliente) perché sa aumentare la vicinanza empatica e perché sa bene che se i testi in qualche modo non sono conversazionali, non interessano a nessuno. Per questo è il tuo alleato imprescindibile sia dal punto di vista della creatività testuale, sia da quello del customer care.
E se questo non ti basta… te lo dico con un’infografica.
Lascia che ti dica la verità: i copywriter non sono qui per mitragliarti l’autostima, né per farti da Grillo Parlante. La nostra professione serve ad aiutarti su una serie di fronti strategici che non puoi gestire da solo, dalla creatività alla coerenza, dallo stile all’efficacia. Ti lascio con un’infografica (brutta, perché la grafica non è il mio mestiere): falla girare sui tuoi profili social e inizia a pianificare l’espansione del tuo personale con quel creativo che ancora ti manca.
E tu, copywriter che mi leggi: ti rispecchi nelle qualità che ho elencato? Lasciami la tua opinione qui sotto nei commenti.