Sì, ad esempio è cambiato il modo in cui attraverso servizi di personal e social advertising è possibile ridistribuire la ricchezza. Sentiamo sempre di più parlare dei social influencer o, solamente, influencer: persone che sono riuscite a costruire un ampio pubblico intorno alla propria figura. Un ampio pubblico che gli permette di ottenere un’elevata autorevolezza su particolari topic.
Con il crescente utilizzo da parte dei consumatori dei social media, gli influencer sono entrati di diritto nelle strategia di marketing e comunicazione di grandi brand nazionali e internazionali. I consumatori, infatti, sono sempre più spinti a cercare in rete consigli, pareri, opinioni su qualsiasi prodotto prima di effettuare l’acquisto. Oggi assistiamo al graduale passaggio dell’esclusività d’ingaggio per top influencer all’ingaggio di publisher, cioè di nano-influencer più piccoli ma non per questo poco autorevoli agli occhi dei propri contatti, anzi!
In base poi al coinvolgimento dell’acquisto (l’acquisto di un’auto ha un coinvolgimento maggiore rispetto all’acquisto di un detersivo) fare ricerca di informazioni e richiesta pareri durerà di più o di meno, ma certamente le persone, noi, andremo ad informarci online, cercheremo recensioni, proveremo a carpire “cosa dicono gli altri” di quel brand.
Gli influencer non sono una novità di Internet: già esistevano anni fa. Vip, personaggi famosi, politici, uomini di cultura avevano la capacità di influenzare le scelte altrui. Internet ha ”soltanto” permesso a chiunque di diventare influencer.
Quanto vale la parola di un Influencer?
Siamo continuamente bombardati da messaggi promozionali, banner, video, spot in radio e via dicendo che siamo diventati quasi immuni.
Rispetto alla pubblicità classica, la parola di un influencer si pone solitamente qualche stadio dopo: se la pubblicità ha lo scopo di far nascere un bisogno o di migliorare la brand awareness di un prodotto, l’influencer si trova in uno stadio in cui il bisogno è già nato e il nostro potenziale consumatore deve decidere se usare il brand A o il brand B.
È l’ago della bilancia: è lui che “può” ed è invitato a spingere il consumatore verso il brand A o il brand B.
Sfruttare o usare l’influenza?
Nel corso degli ultimi anni sono nati servizi che hanno permesso (quasi) a tutti di incidere in termini di influenza sulla propria rete e, nel caso del servizio adMingle, anche di guadagnare (soldi veri!) in base alla propria influenza online.
Come? Le modalità variano a seconda delle campagne pubblicitarie proposte. Nelle campagne adMingle.clic si guadagna un tot per numero di clic validi, secondo le restrizioni del sistema, che il publisher adMingle riceve sulla url che gli viene assegnata per ogni campagna. Nelle campagne CPA si guadagna in base all’azione effettuata su richiesta dei brand. Anch’io sono un publisher adMingle e tempo fa ho scritto del progetto sul mio blog.
A chi conviene adMingle
Può tornare utile per chi ha un buon seguito e vuole offrire valore aggiunto ai propri propri contatti social, oltre che tornare utile dal punto di vista economico. Se scegli di usare questo servizio valuta l’impatto che può avere sul tuo pubblico: la tematica della campagna a cui hai scelto di aderire è in linea con il tuo target? È un argomento che può piacere e coinvolgere oppure no?
Considera che le campagne sono al 99% su grossi brand quindi il mio consiglio è di non partecipare a tutte, ma solo a quelle coerenti con ciò che pubblichi sui tuoi profili, usa questi servizi in modo intelligente.
Se usati con strategia possono portare dei vantaggi sia per l’influencer che per il proprio pubblico, e ovviamente per i brand, gettando le basi per una relazione win-win.
In conclusione
Gli Influencer sono entrati nelle strategie di marketing e comunicazione da un bel po’ di tempo: hai qualche caso da segnalare?
Fonte immagine 1 – Fonte immagine 2